La mia Africa

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La mia Africa

È difficile spiegare quello che si vede, quello che si prova di fronte a un paese così diverso dal nostro. È come un grande “flash”, hai visto foto, filmati, ascoltato testimonianze ma essere lì e vedere coi tuoi occhi… La prima cosa che colpisce, la gente, è ovunque, sulle strade, nei marciapiedi, uomini, donne, bambini tutti intenti a cercare di vendere qualcosa. Cortesi, ospitali, desiderosi di raccontare le loro tradizioni, curiosi di conoscere le nostre, ti allungano la mano e si riesce subito a instaurare un rapporto. I bambini ovviamente sono meravigliosi, sempre sorridenti, “Muzngu” e ti corrono incontro anche solo per chiederti “how are you?”, per darti la mano e accompagnarti per piccoli tragitti. Ė facilissimo giocare con loro bastano le mani, una canzone, il pallone che tutti chiedono! Il progetto de L’Africa Chiama “Shalom Community School” si trova all’interno del compound, una scuola ben strutturata con quasi 400 alunni iscritti, fra i quali alcuni bambini disabili che grazie a loro hanno la possibilità di ricevere fisioterapia e istruzione. Una scuola, personale e alunni, che ci ha accolte subito facendoci sentire a casa già dopo qualche ora che ci trovavamo lì. Sicuramente i bambini disabili della scuola Mulela sono quelli che mi hanno colpito di più, decisamente più disagiati rispetto agli alunni della Shalom, costretti in una piccola stanza, ma con tantissima voglia di giocare e socializzare. Ci hanno stracciate a basket! Abbiamo avuto la fortuna di poter visitare anche i progetti della Papa Giovanni XXIII sostenuti da L’Africa Chiama a Ndola. Una città molto diversa, decisamente più vivibile ma comunque che necessita di supporto. Sicuramente l’esperienza più toccante è stata al centro nutrizionale all’interno del compound di Kanyala, dove decine di mamme, nonne, zie in difficoltà ricevono cibo e supporto medico in caso di bambini gravemente malnutriti. E poi, oltre alla gente, i bambini, ai progetti, ecc.. come dimenticare le Cascate Vittoria, talmente belle che ti tolgono il fiato. Tanti, prima di partire mi hanno detto “Che coraggio, andare in certi paesi..”. Ma il difficile non è decidere di partire, il difficile è tornare a casa, riprendere la vita frenetica di tutti i giorni, senza che il pensiero non torni costantemente in Zambia, a Kanyama e ai suoi bambini

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